venerdì 18 febbraio 2011

Ridateci la marcetta

Tanti e tanti anni fa, l'Italia del tennis schierava una nazionale che in Coppa Davis metteva paura a potenze quali la Svezia, gli Usa, l'Australia; era il periodo in cui la maglia azzurra (erano sponsorizzate anche allora, le divise, ma almeno erano "uniformi" e non carnevalate) la indossavano atleti che si chiamavano: Panatta, Bertolucci, Barazzutti, Zugarelli ...
Era il periodo in cui l'Italia andava nel Cile di Pinochet e gli rovinava la festa, ai generali, come non seppero fare gli olandesi in Argentina.
L'Italia che raccoglieva magre figure da artisti della racchetta come Panatta e Bertolucci ma che, proprio perchè artisti, andavano a Montecarlo e vincevano il doppio contro la coppia McEnroe - Fleming.
Era l'Italia che andava a giocarsi la finale di Coppa Davis negli Usa raccattando un misero 5-0, senza (se non ricordo male) nemmeno un set. Ma era un'Italia orgogliosa che, pronostici contro, come suol dirsi "se la giocava". E quella finale, di quel lontano 1979, era realmente a pronostico chiuso; chissà a quanto davano (se mai la davano) l'Italia vincente..
Il cerimoniale prevede che, prima del primo incontro, a centro campo si schierino le due squadre, e si trasmettano gli inni nazionali. sembrava di vedere le pubblicità dei Gratta e Vinci: "Ti piace vincere facile?". A Barazzutti, dopo, fu chiesto: "Con che spirito affrontavate questa finale? Cosa vi passava per la testa prima del match?". La risposta fu più o meno questa: "Sapevamo che avevamo i pronostici contro e certamente non ci facevamo illusioni. Poi, quando partirono le prime note dell'Inno di Mameli, quella musichetta ci mise allegria, ci dette coraggio ed ottimismo e ci dicemmo: ma si dai! Giochiamocela, come va, va!"
Sentii quelle parole e mi vennero in mente gli inni nazionali di quelle nazioni sventurate tipo Bulgaria, Romania, URSS, DDR che sembravano (e sembrano) inni al suicidio di massa ...
"In effetti", pensai e ne parlavo con Alberto, il mio amico tennista, "almeno in questo siamo un popolo fortunato; il nostro inno mette allegria, è simpatico, sarà pure una marcetta con un testo strano e magari anacronistico, però ... dai, ti mette ottimismo ... non quelle cose mosce e noiose ... CHE PALLE!!!"
...
Poi, ieri, la terza serata della 61-esima edizione del Festival di Sanremo ...

2 commenti:

Pietro Blu Giandonato ha detto...

Nel '79 ero davvero troppo piccolo per ricordare oggi quell'episodio di Coppa Davis, ma ti ringrazio Franko per averlo ripreso qui, emozionandomi.
Non sono mai stato un "patriota", e il Canto degli Italiani devo dire sinceramente l'ho sempre snobbato, perché da sempre, come molti altri, dubito della reale unità del popolo italiano.
Sanremo lo ricordo appena di quando avevo 8-9 anni, mi segnavo sul quadernetto i voti che ottenevano i cantanti man mano, e stilavo la mia classifica personale.
Era un gioco di bimbo, mentre ora che sono grande e vaccinato (e anche parecchie altre cose) Sanremo per me è solo una vetrina ipocrita che fa parte della strategia "panem et circenses".
Ma ogni anno, alla serata con Benigni non si può mancare. E ieri non ha deluso le aspettative, nonostante per me il vero Robertaccio rimane fermo a quello di 20 anni fa. Ma tutti invecchiamo e ci inteneriamo col tempo.
E alla fine, anche io per la prima volta dopo Spagna '82, ho avuto un tuffo al cuore riascoltando le parole del nostro inno, e il ritmo da marcetta così facile da accennare, cantate sommessamente da Benigni.
Peccato, peccato per chi era seduto in platea.
Ho avuto la netta sensazione che Robertaccio stesse cantando così, proprio in quel modo, per cercare di smuovere qualcosa negli stomaci e nei cuori di quel pubblico, per indurre qualcuno ad alzarsi e cantare assieme a lui, e riscattarsi dal torpore e dal rincoglionimento, dall'ipocrisia che attanaglia questo povero popolo italiano.
E' stata un'occasione persa, o popolo bovino...

Francesco ha detto...

Gentilissimo,
potrei utilizzare la foto http://www.dotnetnuke.giuseppe-marraffa.com/Portals/5/Ostuni.jpg per la realizzazione di un sito web?
Cordialità