venerdì 20 giugno 2008

La mano dura degli ipocriti

Poichè nella vita c'è sempre una prima volta, anche a me è capitato (ieri) di essere (sia pure in parte) d'accordo con il Presidente ecuadoriano Rafael Correa.

"¿Con qué calidad moral se puede sostener una globalización que cada vez busca más la libre movilidad de mercancías, la inmediata movilidad de capitales pero criminaliza la movilidad de seres humanos?"

Oddio, in tema di spostamenti transfrontalieri di persone (più o meno gradite) lui è un esperto. Ma questo è già un altro discorso.
Insomma, nonostante ci sia una sostanziale omogeneità nella critica espressa dai governi dell'America latina verso le decisioni dell'Unione Europea, pure va detto che si riscontrano approcci differenti (vedi al link: il vicecancelliere boliviano, René Fernández e l'ambasciatore paraguaiano Raúl Vera; per non parlare di Chavez e dei suoi sistemi spicci). Questo significa una cosa, ossia la difficoltà di trovare ed attuare una politica che sia in grado di affrontare il tema della emigrazione (prima ancora della immigrazione), tale da tutelate l'equilibrio sociale dei paesi "riceventi i flussi migratori" senza andare a discapito dei più deboli.
Conscio di questa difficoltà, eppure non riesco ad essere d'accordo con le misure repressive prese dall'Unione Europea.
Certo, senza alcuna ipocrisia, devo considerare una cosa. Oggi l'America latina, ieri i paesi dell'Est: li ricordate? non avevano alcuna remora (anzi, la auspicavano e talora la favorivano) nei confronti della emigrazione di una parte della propria popolazione verso l'estero. Ricordiamo tutti, purtroppo, i danni che hanno fatto alla reputazione degli albanesi, degli slavi, dei rumeni, i primi emigrati di quegli stessi paesi. Molti volenterosi, ma anche troppi delinquenti, tanta feccia di cui i propri governi non vedevano l'ora di liberarsi.
Oggi alcuni governi sudamericani malsopportano l'idea che i governi europei limitino l'andata senza ritorno di tanti loro concittadini. Nasce il sospetto che qualcuno tema l'impedimento della fuga. Pensavo che, come accade nell'isolotto, il tentativo perpetrato fosse teso ad impedire l'uscita (o la fuga dal Paradiso, se preferite chiamarla così). Vedo che invece qualcuno teme il ritorno.
In Spagna sono se non milioni, centinaia di migliaia i colombiani, gli ecuadoriani, i peruviani il cui permesso trimestrale di soggiorno è scaduto da anni. E' peggio chi vuole rispedirli a casa, o chi teme che ritornino?
Insomma, il tema è complesso. Ma al di là degli aspetti che riguardano politica ed economia, c'è il lato umano. E di quello i paesi ricchi hanno il dovere morale di farsene carico e non demandarlo alla coscienza di nessun altro, ma alla propria.
L'Italia, ma anche la Spagna ed ancor più il Mare Mediterraneo (che da culla della civiltà ne è diventato il cimitero), è teatro di tragedie quotidiane, cui tante volte non c'è nemmeno uno spettatore. Non si può circoscrivere tutto ciò ad un mero problema di "immigrazione clandestina".
Non si può e non si deve buttare l'acqua sporca con tutto il bambino, recita un vecchio proverbio.
Ma l'Italia e l'Unione Europea tutta sembrano averne tutte le intenzioni. E si semplifica pericolosamente.
Non lo so, ma non riesco ad immaginarmi "un pericolo" quelle ragazze spesso minorenni costrette a marcire nelle strade oggetto di scherno e mortificazione da parte dei loro aguzzini (non chiamiamoli clienti); non riesco a considerare "un pericolo" donne e bambini su un canotto che rischia di affondare ad ogni alito di vento; non riesco a considerare un pericolo "a prescindere" quella marea di umanità che si aggrappa disperatamente alle tonnare al largo di Pantelleria.
Il "pericoloso" non rischia la propria pelle in queste condizioni. Ed il pericolo non è in quegli occhi troppo stanchi persino oramai per esprimere paura.
Tempo fa passava una pubblicità in cui appariva gente famosa, uomini e donne che nel tempo, nella storia hanno segnato il cammino dell'Umanità verso la Civiltà ed il progresso. C'era Einstein, c'era la ex Segretario di Stato degli Stati Uniti Albright, fra quegli uomini e donne che oggi classificheremmo burocraticamente per 18 mesi sui nostri territori nemmeno più "rifugiati" ma "immigrati clandestini".
Certo, la vita non è solo politica e premi Nobel. Chissà allora che, fra copertine patinate e gossip, faccia presa sull'opinione pubblica anche la signora Buffon, già clandestina (sotto)pagata dalla RAI: lei, bianca, stipendiata in nero dallo Stato che oggi la dovrebbe espellere.
Al vostro blogger preferito piace portare esempi che richiamino l'attenzione a ciò che accade al di là delle italiche sponde. E leggo oggi con intima e triste soddisfazione un articolo in cui si richiama un episodio che io stesso avevo citato praticamente giusto un anno fa. Un articolo che dovrebbe, fra le altre cose, secondo me servire a tutti coloro i quali esaltano l'illuminato Zapatero in Spagna contrapponendolo al fascista Berlusconi in Italia; dovrebbe servire per comprendere che non è tutt'oro quello che luccica, che i libri si giudicano non dalla copertina, e la Spagna non è sempre il bel modello assoluto cui ispirarsi.
Ieri la Giustizia italiana è stata esaltata per avere punito esemplarmente il clan dei casalesi.
Non so se possa considerarsi esemplare una giustizia che punisce reati di camorra compiuti vent'anni fa. Certo è che la Cina "irregolare" di cui parla Saviano nel suo Gomorra non è solo nella manovalanza sfruttata nei capannoni di Prato e la Toscana (altro che la Campania): la Cina "irregolare" è anche lì dove fra poco inizieranno a scintillare luci e paillettes; proprio là dove l'ipocrisia di qualcuno voleva delegare a pochi atleti il boicottaggio, quel boicottaggio che tanti politici e ricchi imprenditori nei loro frequenti viaggi a Pechino non hanno mai trovato il coraggio di intraprendere.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Franko io penso una cosa. I flussi migratori, oggi più di ieri, sono realmente incontrallabili oltre che inevitabili. Guerre, tragedie di vario tipo, fame, miseria, cambiamenti climatici (valgono per tutti gli animali, Esseri umani compresi) portano alla mobilità generale del Mondo. Se si "alzano i muri" (o se si spara sui Confini, perchè lo sai bene che sul mio blog non troverai nulla "a favore" di Zapatero, prova a fare una ricerca ^_^ ) l'unico risultato che si ottiene è quello di esserne travolti. Certo, la delinquenza è un problema, ma io credo che la delinquenza sia un problema umano e di delinquenti ce ne saranno sempre e, soprattutto, sono quelli che comunque riescono a muoversi tranquillamente. Il problema rimane per tanti Esseri umani, la grande maggioranza, che delinquenti non sono ma disperati si. Una frontiera alzata non è un deterrente, oggi. Una frontiera alzata è solo un ostacolo che si cerca di scavalcare. Poi c'è qualcuno che sceglie di sparare. Io penso che l'unica cosa possibile da fare è liberalizzare i Confini. Perchè chi entra, è anche facile che esca!

Anonimo ha detto...

Francesco, della tua posizione io non condivido la opportunità di liberalizzare i confini.
Perchè una cosa sono le necessità del bisogno, le spinte a richiare i salti nel buio della migrazione dall'inferno verso chissà dove dovuti, come tu dici, alla guerra, ai cambiamenti climatici (e dunque alla fame), allo sfruttamento dei territori da parte delle potenze straniere che saccheggiano e corrompono.
E questo si combatte con l'Umanità e l'accoglienza di chi ha di più, foss'anche solo perchè la Storia oggi dice questo.
I muri degli Stati non servono, se nemmeno il mare risce a frenare questi flussi.
Ma ogni Stato ha la sua storia, le sue tradizioni, le sue leggi e le sue regole. E questo determina, ed è giusto che sia così, differenze.
E con le differenze i doveri.
La liberalizzazione dei Confini apre alla perdita dei doveri per il rispetto delle regole. E questo non va bene.

Anonimo ha detto...

Franko la Storia di ogni Stato si costruisce proprio con le migrazioni. Che cosa sarebbe la Cultura "mediterranea", quella dell'elogio della lentezza, senza i Greci e gli Arabi, ad esempio?
E' proprio la Storia a dirci che lo Stato non esiste, così come non esistono i Confini. Che cosa rappresenta il Confine dell'Iraq, se non una convenzione fatta a tavolino? E quello italiano, se nel ventennio il Confine andava oltre la Slovenia? E quello polacco, se proprio la Polonia è una delle invenzioni della Seconda Guerra mondiale?
Ed in Sud America? Che cosa sono i Confini? Con tutti quelli con cui ho parlato (argentini, colombiani, cileni...) sembra che il Confine non esista, che esista solo una grande civiltà. Un pò quello che diceva anche Che Guevara.
Poi, soprattutto oggi, lo Stato non vale proprio nulla. Dovremmo cominciare a pensare ai Territori, alle persone che, accanto a noi, fanno Società. E poco importa se esse siano clandestine, gialle o arancioni.
Ma forse no...

Anonimo ha detto...

L'idea che proponi resta affascinante ma si scontra con la realtà.
Piacciano o meno come stato, proprio gli Stati Uniti sono nati dalla fusione di popoli migranti. Ma la loro forza si è concretizzata nel momento in cui hanno definito i loro confini.
Oggi le leggi e i metodi con cui si "difendono" dai messicani (e da chiunque da più a Sud rischi il deserto messicano) rasentano la barbarie, ma appunto sono i metodi che possono essere opinabili. Non lo scopo finale, ossia mantenere uno "status", basato su leggi, su ordinamenti. Sui Doveri. Da cui, poi, e solo poi, discendono i diritti. Quando i diritti vengono prima dei doveri, opinione personale, non va più bene.

Anonimo ha detto...

...franko sei un kantiano... ^_^
Sarà per la "K"!

Anonimo ha detto...

Kaspita! Mi tocca rispolverare il mio amato Geymonat per ricordare il punto di vista di Emanuele (a parte la puntualità).