giovedì 10 febbraio 2011

Festa Farina Forca e Fica.

Dunque, due premesse:
1 - non c'entra Berlusconi
2 - al vs blogger preferito dei 150 anni dell'Unità d'Italia interessa tanto quanto a Zeman la marcatura a uomo.
...
Detto ciò, mi sembra interessante notare come, da quando al TG1 di qualche giorno fa un rappresentante degli industriali del Veneto (credo) disse: "In questo periodo di crisi fare festa il 17 marzo è un lusso che non ci possiamo permettere come paese: c'è la crisi, bisogna lavorare", è stato un susseguirsi di incitamenti al giorno di festa lavorativo.
La Lega (quel simpatico gruppo di persone che annovera fra i suoi rappresentanti tal "Bossetti") non restava insensibile al grido di dolore che proveniva da tante parti della Padania e dal mondo degli industriali e iniziava la sua incisiva opera di persuasione dell'opinione pubblica: il 17 marzo si deve lavorare.
Anche la Gelmini, nel pieno delle sue facoltà (accademiche), chiede (a chi? cazzo sei tu il ministro: domandati una domanda e risponditi una risposta!) di fare sì che il 17 marzo sia giorno di scuola normale.
Dobbiamo lavorare, produrre.
Eppure se a qualcuno venisse in mente di andare in vacanza, non è che qualche operatore turistico: albergatori, ristoratori, ecc. un ipotetico lungo ponte (da giovedì 17 a domenica 20 marzo: quattro giorni con un solo venerdì di ferie) farebbe guadagnare un bel po' di soldini? Rutelli e Zio Silvio ne sarebbero felicissimi.
Quei soldi puzzano?
Oggi, 10 febbraio, si celebra il giorno del ricordo. Non se ne accorge quasi nessuno, purtroppo.
Ed è un inevitabile paradosso che la Gelmini e la Lega puntino all'oblio dei 150 anni di quel bluff che è stata l'Unità d'Italia. E cacchio, proprio i nordisti sputano nel piatto in cui hanno mangiato, loro che dal sacco del Regno delle Due Sicilie, dallo svuotamento delle casse del Banco di Napoli, hanno fatto partire la loro fortuna ? Qualla fortuna per cui il miserrimo veneto (che ai cafoni del Sud, gli emigranti del Veneto facevano schifo per quanto erano poveri, puzzolenti ed ignoranti) divenne (con tanto lavoro, va detto) una locomotova per l'economia italiana, mentre al Sud restavano le tre F. E adesso pure la prime delle tre F ci volete togliere? Proprio voi? Dannati nordisti che dovreste baciare il culo uno a uno ai bersaglieri che entrarono quel dannato giorno attraverso la Breccia di Porta Pia? Proprio voi che dovreste organizzare un pellegrinaggio ogni santissimo 17 marzo di ogni santissimo anno al luogo simbolo della vostra fortuna?
I soldi. Maledetti soldi. Non fate festa che non si produce. Ma insomma, quanto danaro è stato speso in festeggiamenti (più o meno significativi) per queste celebrazioni dei 150 anni? Va bene, diciamo che sono tutte manifestazioni serie, importanti, significative, utili ecc. ecc.
Quanto è costato commissionare il logo dei festeggiamenti? Quanto è costato il sito? Quanto costano le organizzazioni degli eventi in tutt'Italia? Quanto si spende, fra scorte e geriatra al seguito, mandare il Presidente in giro per l'Italia ad inaugurare mostre ed iniziative?
E caspita: un giorno di festa che poteva essere organizzato seriamente da un comitato governativo che prevedesse, nella settimana in cui ricade il 17 marzo, convenzioni con alberghi e ristoranti, nelle città con i musei ed i luoghi della storia dell'Unità d'Italia, non avrebbe portato da un lato a far girare soldi anche con un giorno di festa da una parte e, soprattutto, a rendere VERO e partecipato (per chi ci crede) il significato di questa data? 17 marzo 2011, 150° anniversario dell'Unità dItalia?
Ridateci i Borboni, tenetevi i Savoia!

2 commenti:

Frisbee ha detto...

Si, caro Franko sono d'accordo con te. Specie laddove ricordi ai polentoni razzisti che dovrebbero fare un altare alla fatidica data di inizio della loro fortuna.
Il problema è nostro, in verità. Che non abbiamo ancora capito quanto quell'unità d'Italia (o meglio, quell'annessione) ci abbia condizionato, spremuto e vilipeso da 150 anni in qua.
Non chiedo il ritorno dei Borboni (ammesso e non concesso che un loro ritorno sia un fatto positivo), anche perchè sono convintamente democratico e repubblicano, però la giustizia della verità storica la pretendo. Quindi, il tremebondo Presidente (anch'egli meridionale) dovrebbe ricordare che si può e si deve festeggiare l'unità nella chiarezza perchè tutti sappiano a quali terribili ingiustizie furono sottoposti i nostri avi. E perchè in quella consapevolezza di costruisca finalmente un'Italia nuova e diversa che metta tra i valori fondanti una vera ed effettiva parità tra aree geografiche riconoscendo e condannando le malefatte dei Savoia e dei loro epigoni.
Il problema è che i polentoni (in specie i leghisti), con la loro supponenza e arroganza, non riconosceranno mai che le origini della loro fortuna stanno in quello che, invece, è stato l'inizio del nostro declino. Non lo riconosceranno perchè altrimenti non potrebbero continuare nella loro opera di sfruttamento e colonizzazione del nostro Sud.

Franko ha detto...

Beh, il ritorno dei Borboni, evidentemente, è una battuta che non vuole certo essere presa alla lettera. Mi accontenterei di una classe politica nuova e preparata.
Ma preparata non solo nel senso degli "imprenditori prestati alla politica", questa strana figura che sta facendo male al paese più di un qualsiasi governo tecnico che, per lo meno, ha di per sè, breve durata.
Recentemente notavo (in occasione della scomparsa di non ricordo quale intelettuale) come questo paese proliferasse di menti eccelse nel campo della letteratura, della filosofia, della scienza ... della cultura in generale, provenienti dal Sud, dalla Campania e dalla Sicilia.
Due regioni, oggi, che più di altre sono annichilite sotto il peso della criminalità; che, come un chavez qualunque, distribuisce pane mascherandolo per benessere, mentre in realtà è solo elemosina che ti condanna all'inerzia mentale e non ti fa crescere, atrofizzandoti dall'interno delle tue capacità.
Il Nord, invece, continua a prosperare economicamente, con eccellenze imprenditoriali ed economiche ma che vivono solo in virtù del: "lavoriamo anche il 17 marzo", "con la cultura non si mangia".
Questo modello, oggi, tende a prevalere anche nel Sud. Magistà oggi, nel suo editoriale quotidiano, parla di "lavorare il doppio, il 17 marzo". Paventando il rischio di un ponte che da giovedì va fino a domenica. Gli albergatori del Salento, cui tanti servizi dedica TeleNorba, ne sarebbero felici: lavorerebbero non il doppio, ma il triplo.
Però oramai il modello è: si è vincenti, evidentemente, solo con un lauto conto in banca, ed il Nord pragmatico diventa un esempio da perseguire pedissequamente.
Io non so se il 17 marzo sia giusto non lavorare. Se è per questo, da laico, mi chiedo a cosa serve il 6 gennaio festivo.
Ma caro direttore Magistà: io, da autonomo, se è necessario, lavoro anche la domenica.
Ma se un giorno di sole a settembre chiama, se posso, rispondo con gioia. La qualità della vita non si misura solo con il numero dei giorni lavorativi.
Magari a qualcuno, in periodi in cui tanto soldi non ne girano, il 17 marzo approfitta per guardare la libreria di casa e scoprire che ci sono tanti libri mai aperti, che meritano di essere letti.